L’importanza dei trattamenti superficiali dell’alluminio

Una sintetica panoramica sulle finiture superficiali nei vari settori di applicazione dei semilavorati di alluminio

di Giampaolo Barbarossa, Aital

I trattamenti superficiali sono il biglietto da visita dei manufatti in alluminio e grazie alle loro caratteristiche questo metallo ha potuto trovare largo impiego in edilizia, soprattutto con la verniciatura e negli altri settori industriali, soprattutto con l’anodizzazione. Quando si parla di processo di anodizzazione, occorre tener ben presente ciò che deve essere fatto preliminarmente al vero e proprio step di ossidazione anodica e ciò che va fatto subito dopo la formazione dello strato di ossido anodico. È infatti di fondamentale importanza, per ottenere a fine processo le migliori performances di resistenza alla corrosione e di aspetto estetico, effettuare un’idonea preparazione delle superfici secondo i metodi elencati nella tabella 1.
A questo punto il materiale pretrattato può essere sottoposto alla fase vera e propria di anodizzazione, che avviene con un processo elettrolitico, con opportune soluzioni chimiche, ponendo l’alluminio all’anodo del corrispondente circuito.
In prossimità dell’anodo avviene una reazione elettrochimica con sviluppo di ossigeno che si lega all’alluminio facendo crescere lo strato anodico verso l’interno del materiale.
Le condizioni di anodizzazione (densità di corrente e tensione elettrica, durata, temperatura dell’elettrolita) consentono di ottenere sostanzialmente due categorie di ossidazione:
• Ossidazione tradizionale: di colore naturale o colorata (con successivi passaggi di colorazione per assorbimento o elettrolitica) utilizzata per applicazioni nel building e per tutte le altre applicazioni che non richiedono spessori elevati di ossido anodico (tra 5 e 25 micron);
• Ossidazione Dura: effettuata a temperature più basse rispetto a quelle utilizzate per l’ossidazione tradizionale e per tempi più lunghi, in grado di consentire la formazione di strati d’ossido anodico duri e spessori che possono raggiungere e superare anche i 100 micron. Queste caratteristiche vengono sfruttate per quelle applicazioni, soprattutto in meccanica, che richiedono strati di ossido elevati, duri e con elevata resistenza all’abrasione.
Poiché l’ossido anodico ha una struttura porosa e i pori possono rappresentare una situazione di facile attacco da agenti esterni (anche la sola manipolazione a mani nude potrebbe provocare macchie di sudore sulla superficie del materiale) si rende necessaria una fase finale dell’intero processo di anodizzazione che consente di sigillare i pori.
Questa fase prende il nome di Fissaggio e può avvenire per idratazione (in acqua ad alta temperatura, superiore a 95°C) oppure per impregnazione, in acqua contenente opportuni sali che penetrano nei pori dell’ossido anodico e ad alta temperatura o con un doppio passaggio a bassa temperatura.
Le principali caratteristiche che connotano uno strato d’ossido anodico sono le seguenti:
• È trasparente
• La sua crescita procede verso l’interno dell’alluminio
• Non ha soluzione di continuità con l’alluminio
• Ha un coefficiente di dilatazione termica molto più basso rispetto a quello dell’alluminio (circa 1/5).

Effetti dimensionali dell’anodizzazione e confronto con gli altri trattamenti
Una prerogativa del trattamento di ossidazione anodica è quella che, mentre con i processi galvanici e con la verniciatura (figura 1, tratta dalla pubblicazione TALAT) per l’apporto di uno strato di rivestimento aumentano gli spessori del materiale trattato, con l’ossidazione anodica lo strato di ossido anodico cresce verso l’interno del metallo che non subisce particolari variazioni di spessore. In realtà, avendo l’ossido anodico minore densità del metallo alluminio, lo strato superficiale che ne consegue occupa un maggior volume e provoca un aumento di spessore del metallo. Questo aumento di spessore, a grandi linee, può essere valutato pari al 50% dell’intero spessore dell’ossido anodico. Stiamo parlando di pochi microns nel caso di anodizzazione nel building ma di spessori importanti nell’ossido duro che, talvolta vengono opportunamente sfruttati per riportare in quota nominale e di planarità le superfici trattate, mediante trattamenti meccanici tipo lappatura.

La verniciatura dell’alluminio
La verniciatura dell’alluminio ha preso piede agli inizi degli anni ’80 soprattutto nel building come logica conseguenza di precise scelte da parte di designer e architetti, stanchi o non totalmente soddisfatti delle tradizionali finiture anodizzate povere di varianti colorate, limitate al colore naturale ed alla gamma dei bronzi.
I prodotti vernicianti utilizzati nella quasi totalità dei casi sono nello stato fisico di polveri, a tutto vantaggio del rispetto dell’ambiente in quanto totalmente privi di solventi.
Per la verniciatura a polveri possiamo distinguere quattro diverse fasi:
1. Il trattamento di preparazione della superficie mediante sgrassaggio, decapaggio e disossidazione;
2. Il trattamento di conversione chimica;
3. L’applicazione del prodotto verniciante in polvere;
4. La polimerizzazione in forno del prodotto verniciante.
Il trattamento di preparazione delle superfici non si discosta molto da quello adottato per l’anodizzazione, ed è preliminare al successivo trattamento di conversione chimica

La conversione chimica dell’alluminio prima della verniciatura
Le tecniche adottate per questa importante fase preliminare alla verniciatura sono ben esposte nelle Direttive Tecniche del Marchio Internazionale di qualità QUALICOAT per l’alluminio verniciato. Crediamo sia utile e interessante riportare direttamente l’estratto delle Direttive che contiene anche tutti i riferimenti normativi specifici per la fase di Conversione Chimica.
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3.3 Conversione chimica
3.3.1 Pretrattamento di cromatazione.
Il pretrattamento di cromatazione o fosfo‐cromatazione deve essere eseguito secondo la norma ISO 10546.
3.3.2 Pre‐trattamenti alternativi
Sono tutti i trattamenti preliminari diversi da quelli descritti in precedenza.
I pretrattamenti alternativi non possono essere utilizzati dal verniciatore a marchio fino a quando non sono stati approvati dal QUALICOAT sulla base di un programma di prove.
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I verniciatori che decidono di utilizzare un pretrattamento alternativo approvato dal QUALICOAT devono informare l’associazione nazionale, o il QUALICOAT nel caso in cui non esista alcuna associazione nazionale. I verniciatori ed i fornitori devono soddisfare le specifiche riportate in appendice A6.
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3.2.3 Pretrattamento di anodizzazione
(omologa SEASIDE automatica)
La superficie dell’alluminio deve essere trattata in maniera tale da eliminare tutte le impurezze che possono creare problemi al pretrattamento di anodizzazione.
Le condizioni di anodizzazione devono essere tali da consentire di ottenere uno spessore di ossido di almeno 3 μm (non più di 8 μm) non sfarinato e senza depositi superficiali.
Le condizioni di anodizzazione possono essere le seguenti:
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Il verniciatore che decide di utilizzare questo trattamento dovrà preliminarmente informare l’associazione nazionale, o il QUALICOAT nel caso in cui non esista alcuna associazione nazionale.
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L’applicazione dei prodotti vernicianti in polvere
La scelta del metodo di applicazione ottimale per un impianto deve essere fatta in funzione delle specifiche esigenze, in particolare considerando le caratteristiche del prodotto finito, il tipo di polvere e sua granulometria, lo spessore del film desiderato, il numero dei colori da applicare, lo spazio disponibile e le possibili evoluzioni del metodo.
In funzione di tali esigenze sono stati sviluppati diversi metodi di verniciatura; tra questi, quello che ha ottenuto maggiore diffusione è il metodo basato sulla applicazione a spruzzo, che consiste nello spruzzare la polvere caricata elettrostaticamente sul supporto da rivestire posto in un campo elettrico.
Si dispone oggi di diverse metodologie che prevedono l’uso di pistole, o di dischi, o di coppe rotanti, ecc., tutte in grado di assicurare un deposito di polvere regolare e uniforme, una buona penetrazione per le varie forme di profilato, di consentire cambi tinta abbastanza semplici e rapidi e di avere un buon rendimento nell’uso delle polveri, inteso come rapporto fra polvere depositata e polvere spruzzata.
Gli impianti più comuni attualmente permettono di raggiungere livelli minimi di overspray (polvere erogata nella cabina di verniciatura che non si deposita sui pezzi da rivestire) grazie allo sviluppo di efficienti metodi di recupero, che arrivano a una resa di circa 98/99% della polvere erogata. Le tipologie più diffuse di cabine sono quelle cabine a gravità, a nastri trasportatori e con sistemi di recupero incorporati.

Polimerizzazione delle vernici
L’operazione finale di polimerizzazione in linea delle vernici in polvere è una delle fasi più critiche dell’intero processo. La formazione del film compatto passa attraverso quattro fasi distinte che si susseguono con l’aumentare della temperatura: fusione, dilatazione, gel, reticolazione. In altre parole, nel corso di queste fasi si ha un’unione delle particelle fuse, una loro dilatazione conseguente all’abbassamento di viscosità, la formazione di un film regolare e omogeneo e il suo indurimento.
Per quanto riguarda l’esecuzione del trattamento di polimerizzazione attualmente, in genere, vengono utilizzati forni a convezione di aria calda o a raggi infrarossi. La scelta della tecnologia va comunque effettuata sulla base delle esigenze dell’operatore.

La decorazione “ad effetto”
Da una decina d’anni a questa parte ha preso piede una nuova finitura, o meglio decorazione cosidetta “ad effetto”, intendendosi per effetto qualsiasi disegno, venatura di legno, materiale lapideo, eccetera. Queste nuove finiture hanno trovato largo impiego presso gli utilizzatori finali, ma soprattutto hanno procurato nuovi sbocchi applicativi anche all’alluminio, oltre che nei serramenti, anche in nuovi settori, soprattutto di arredo urbano.
Esistono due particolari tecnologie per le finiture “ad Effetto”:
La tecnologia polvere su polvere: prevede due fasi di applicazione di polveri che si susseguono, la prima delle quali conferirà lo sfondo del disegno, la seconda la relativa venatura.
Un ciclo tipico di questa tecnologia si sviluppa secondo le seguenti fasi:
• Prima mano/base
• Gelificazione: ≈ (10’ a 100 °C / 2’ a 200 °C)
• Seconda mano
• Formazione del disegno
• Polimerizzazione completa
• 20’ a 180 °C / 10’ a 200 °C
• Oppure con raggi infrarossi a ≈ 3’ a 240 °C
Le massime garanzie di qualità del prodotto decorato vengono raggiunte lavorando in conformità alle specifiche tecniche del Marchio Internazionale QUALIDECO e utilizzando prodotti vernicianti certificati QUALICOAT, in possesso di caratteristiche fisiche di buona fluidità/reattività e con la possibilità di utilizzare di prodotti vernicianti antigraffiti, strutturati, ad effetto metallizzato, etc.
La tecnologia per “Sublimazione di inchiostri”: consiste invece nel far seguire alla prima mano di base, che non si discosta da quanto avviene per la tecnologia “Polvere su Polvere”, una fase di trasferimento, per sublimazione di un’immagine (ottenuta con speciali inchiostri che replicano venature legno, marmo, etc.) da un supporto plastico all’oggetto da decorare. Il trasferimento completo del disegno avviene al raggiungimento di una temperatura di circa 200°C.